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Il FASTIDIO del FALLIMENTO
Il FASTIDIO del FALLIMENTO

Il FASTIDIO del FALLIMENTO

L’altra sera un allenatore con cui lavoro mi ha girato l’intervista a Giannis in cui fa una riflessione sul fatto che nello sport non esiste il fallimento (La ripropongo scritta a fine articolo, oppure guardala qua).

Mi ha molto intrigato il fatto che in tanti l’abbiano apprezzata e subito fatta diventare virale. A me sta simpatico Giannis e quindi non ho espresso giudizi prima di una settimana.

Non dico nulla su di lui, Giannis ha tutto il diritto di dare quella risposta e con la sua vita ha già dimostrato che dalle situazioni negative, lui sa sempre tirare fuori il meglio. Poteva avere un tono diverso, forse attaccare meno il giornalista, ma nella sostanza il discorso è abbastanza in linea con il cuore di chi ha perso una partita importante.

Mi concentro invece sulla reazioni di atleti, allenatori e giornalisti.

Cosa piace della risposta di Giannis?

Ogni persona prende la sua citazione preferita:

1. Lavori per questo, e non è un fallimento, sono tappe per il successo.

2. Non esiste il fallimento nello sport.

3. Non devi sempre vincere. Vincono anche gli altri.

Queste le più votate e le più riprese. A distanza di una settimana, irritano un po’.

Ancora una volta, mentalmente, è il focus che fa la differenza.

Cosa guarda chi ha l’atteggiamento vincente?

Il processo, Non il risultato.

Quindi se prendo la risposta di Giannis e la faccio mia ho un atteggiamento vincente? 

Non proprio, a mio parere.

Un percorso è fatto di tappe. Ogni tappa ha un suo valore, e quelle dichiarazioni, si concentrano sull’importanza di guardare al concetto di “Trust the process”. 

Quindi mi stai dicendo che veramente non esiste il fallimento nello sport?

Certo che esista, a mio parere, ma poi l’obiezione vien facile: Nello sport non si perde mai, si impara. Oppure, non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta.

Chi lo dice, guardandolo da un punto di vista prettamente mentale, focalizza paradossalmente l’attenzione proprio sul vincere o perdere. Si vince e si perde, si dice, ma alla fine non è poi così importante, si aggiunge.

Per me vincere è fondamentale, nello sport. Fallire è altrettanto fondamentale, nello sport.

Il primo fa bene, il secondo fa incazzare. Le emozioni però vanno disgiunte dall’evento, altrimenti non si potrà mai cambiare e migliorare.

Il risultato riporta il tutto alla concretezza dello sport. E quando una cosa è tangibile, come il numero di punti in più che un avversario fa rispetto ai tuoi, non c’è nulla da giudicare. Hai perso. Il Fallimento esiste. La sconfitta pure. Descrivila, rendila oggettiva ai tuoi occhi e alla tua mente. E poi, nello spazio che hai creato dentro di te per le emozioni, crea uno spazio dove accettare quel tipo di sensazione. 

Non è negandola, volontariamente e a priori, che cresci grazie alle fatiche. Facendo come lo struzzo, non vedi le opportunità, e soprattutto lasci scoperta una parte del corpo molto vulnerabile.

Il fallimento esiste e proprio perché c’è, fa parte del percorso verso il successo.

Il voler eliminare il dualismo vittoria vs sconfitta toglie valore a tutto, pure al titolo che probabilmente Giannis tornerà a vincere.

Da fastidio perdere? Certo!

Da fastidio perdere da favoriti? Certo!

Come lo gestisco questo vissuto altamente doloroso?

Per prima cosa introdurrei un cambiamento nel pensiero, partendo dalla domanda del giornalista, che ha iniziato il dialogo con una bella introduzione:

“Sono curioso di sentire la tua risposta”

E tu, che hai riportato le frasi dell’arrabbiato greco, sei curioso di sentire la tua risposta?

Io proporrei, a tutti quelli che vogliono pensare che il fallimento non esiste nello sport, questa visione:

Apriti alla curiosità di come sarai dopo aver passato sto periodo di merda.

Fatti una domanda più utile, al posto di negare:

“Ma tutto sto male e sto fastidio per la sconfitta, in cosa mi può tornare utile?”

Come dice Giuseppe Vercelli nel suo libro Antifragili: “Se potessimo leggere la nostra esistenza al contrario, dall’ultimo giorno di vita al primo, tante cose ci sarebbero molto più chiare”.

Di sicuro, sarebbe più chiaro anche a cosa è servita la sconfitta.

Ma non possiamo viverla al contrario. E quindi mettere le mani avanti prima ancora di vivere il fallimento mi sembra molto vicino al concetto caro ai velaschiani di Alibi. Stride molto il cosa si dice (Non esiste il fallimento) e il come lo si dice (Un tono di eliminazione del fastidio che la sconfitta provoca). Se il fallimento realmente non esiste, perché dobbiamo ripeterlo ad alta voce (O condividerlo in maniera virale)?

Più ne parli, più lo metti sotto gli occhi di tutti come una cosa che fa male.

Se volevi rassicurare, in maniera politicamente corretta, che si deve accettare il risultato del campo, forse le parole che ha scelto Giannis non erano delle migliori.

Se entri in un campo per vincere il titolo, accetta che se esci sconfitto, hai fallito.

Se non lo comprendi, ogni piccolo passo falso nel tuo sport e nella vita sarà un dolore. 

Ecco la risposta tradotta di Giannis.

“Oh mio Dio… mi hai fatto la stessa domanda un anno fa, Eric.

Tu ricevi ogni anno una promozione nel tuo lavoro?

No, giusto? Quindi ogni anno il tuo lavoro è fallimentare…

Sì o no?

Ogni anno lavori per raggiungere qualcosa, per raggiungere un obiettivo, che è quello di ottenere una promozione, o di essere in grado di prenderti cura della tua famiglia, comprare una casa, prenderti cura dei tuoi genitori.

Lavori per questo, e non è un fallimento, sono tappe per il successo.

Aspetta, non ho niente contro di te.

Ci sono sempre degli step da fare.

Micheal Jordan ha giocato 15 anni ed ha vinto 6 titoli, quindi negli altri 9 anni ha fallito? E’ quello che mi stai dicendo?

E’ una domanda, dimmi: è così o no?

E allora perché me lo chiedi?

E’ sbagliata la domanda.

Non esiste il fallimento nello sport.

Ci sono giorni buoni ed altri meno, in alcuni sei in grado di ottenere il successo ed in altri no, qualche volta è il tuo momento, altre volte no.

Questo è lo sport.

Non devi sempre vincere.

Vincono anche gli altri.”

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