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Gabriele Colombo
DISCORSI MOTIVAZIONALI E STRETCHING

DISCORSI MOTIVAZIONALI E STRETCHING

Ieri ero sul campo e a fine allenamento c’è, in alcuni sport, l’abitudine di fare il cerchio finale per dare un feedback alla squadra e chiudere in bellezza, mandando via i giocatori carichi e focalizzati su cosa fare in campo la domenica.

Ieri in campo non ero in veste di mental coach ma di giocatore e quindi il racconto che sentirete non parla del mio ruolo ma di come ho vissuto uno degli errori peggiori che un allenatore può fare in un momento così importante, come la chiusura di un allenamento: innamorarsi della propria voce!

Il conduttore del discorso era il capo allenatore che chiamerò in maniera del tutto inventata Coach Gino, intorno a lui 30 giocatori. Il discorso inizia bene, due o tre domande fatte agli atleti, fatte bene e con questo li coinvolge. Io però noto che molti ragazzi si mettono per terra e iniziano a fare stretching. Ad alcuni compagni faccio segno di alzarsi, mi sembra strano ascoltare un discorso motivazionale da terra. Penso che il coach Gino se ne sia accorto e lascio perdere.

Il discorso prosegue un po’ stancamente. Si vede e si sente che è preparato e anche discretamente bene, ma non sta guardando in faccia le persone. Non sta calibrando assolutamente le parole ai feedback dei ragazzi.Io mi ritrovo a guardare per terra e perdo il filo del discorso. Lo riprendo solo quando coach Gino comincia a parlare a tre diversi gruppi della squadra. Non so cosa dica perché ormai mi ha perso, ma poi parlando con alcuni compagni sembra che i gruppi siano: Chi è forte, chi può migliorare e chi ha poco da dare al gruppo ma con il confronto con quelli più forti può migliorare.

In sè il concetto può essere anche condivisibile, ma mi ci devi portare a quel punto così importante e delicato. Invece io mi sono perso e ho sentito solo una frazione tra i gruppi. Errore mio? Non so, per me l’errore sta in chi comunica. E quindi quando coach Gino finisce di parlare dopo circa 15 minuti, mi ritrovo che anche io sto facendo stretching e mi esce un fragoroso applauso, più per ringraziare che sia finito lo strazio che per incitare squadra e allenatore.

Finiti gli allenamenti, solitamente, entro in doccia sempre tardi. Questo è un rito che voglio godermi con calma. Con fare ciondolante penso alle parole di coach Gino e non ricordo quasi null’altro se non la noia di quei 15 infiniti minuti. Mi fa corrugare la fronte il fatto che il coach Gino non si sia accorto della noia crescente intorno a lui. Se vuoi motivare e ispirare per prima cosa devi saper ascoltare, sia il verbale che il paraverbale, ma soprattutto il non verbale. E se vedi qualcosa che non ti piace, intervieni e cambialo. Fai domande e coinvolgi chi vedi meno interessato.

Mentre entro in doccia con questi pensieri che affollano la mente incrocio un compagno e amico che chiamerò col nome inventato di Pierino.

Mi guarda, legge i miei pensieri e mi dice: “Adesso ho capito a cosa servono i discorsi di coach Gino, sono quei 15 minuti che non riesci mai a prenderti a fine allenamento per fare stretching!”

Io rido e capisco che alla fine anche le cose più noiose possono risultare utili. A che fa stretching e a chi è innamorato della propria voce.

Non so quanto possa essere utile alla squadra e alla motivazione di un gruppo.Se i tuoi giocatori fanno stretching mentre parli, fatti una domanda e pensa a questa storia

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