Con tutta la tranquillità che hai
Il percorso è fatto da due passaggi:
- L’accettazione della dicotomia come base del crescere. Infatti nei concetti collegati all’educazione, per esempio il più interessante per me era quello tra devianza e normalità, due opposti che sono lontani nel pensare comune, in qualche modo si toccano, come i due estremi di una stessa retta.
- Saper stare in questo continuum tra due opposti, senza spaventarsi e senza eliminare le contraddizioni. I paradossi che ogni persona vive e quei punti di contatto che ci sono, nel nostro intimo, tra atteggiamenti devianti e atteggiamenti nella norma, sono il luogo più interessante per inserire spazi di miglioramento.
Questa tendenza a non pensare in termini di “o bianco o nero” è la base della mia idea attuale della crescita personale.
Un atteggiamento che elimina uno dei due poli, non fa altro che negare la complessità e prestare il fianco alle banalizzazioni, cosa che io non voglio fare.
E di quanto detto prima, mi piace anche molto il termine: CREARE PERCORSI DI CRESCITA.
Mi dava l’idea, ai tempi, di essere un artigiano.
Un po’ come se la crescita e il miglioramento sono già presenti e io devo solo facilitarli.
Nella pedagogia degli oppressi, libro a cui molto mi ispiro, Paulo Freire cita “l’innegabile connessione tra oppresso e oppressore e come questo legame sia la base dell’impossibilità, da parte di molti, di liberarsi dalle catene.”
In fase di premessa, quella che di solito si legge con più attenzione, perché è qui che capisci quanto questo libro ti piacerà, ti racconto un aneddoto da cui puoi estrarre l’essenza di questo libro.
In una sommaria divisione dei miei coetanei che entrati nell’età adulta più o meno hanno creato il loro futuro, definivo quelli più vicini a me come SCAPPATI DI CASA, quelli più lontani come GLI ADULTI.
Uno scappato di casa a mio parere ha la tendenza a inseguire qualcuno, un padre putativo o un mentore, o a scappare da qualcun altro, un nemico immaginario o una persona a cui non vuoi assomigliare.
La media di questo viaggio avanti e indietro tra lo scappare e l’inseguire costruisce una crescita intrigante, ma faticosa. Spesso senza risultati. O comunque senza gioia nel raggiungerli!
Un adulto, nella mia personalissima divisione (Come puoi intuire molto sommaria), ha le scarpe allacciate e una direzione ben definita. Non scappa né insegue, ma traccia la sua strada.
Ad oggi ho una nuova consapevolezza.
Lo scappare o l’inseguire non mi permette di capire chi sono. Questo ormai mi è chiaro. Ma soprattutto mi lascia solo. Quando inseguo un qualcuno, anche quando lo raggiungo mi accorgo o che è la persona sbagliata o che non si farà mai prendere sul serio. Quando scappo da qualcuno, prima o poi quella persona si stuferà e non mi cercherà più, lasciandomi ancora più solo.
Come mi sono appuntato l’altra notte, dopo l’ennesimo incubo in cui correvo dietro a una chimera che mai raggiungevo:
Cosa cazzo stai rincorrendo?
E stanotte l’illuminazione.
Stavo cercando delle persone con cui condividere gioie e dolori delle mie cose.
Mi è bastato pensarlo e immaginarmi a raccontare cose agli amici, per capirlo.
Da solo non mi fermerò mai, continuerò nella ricerca infinita e solitaria. Con un gruppo di persone intorno posso delegare quello che da solo non sopporto e creare legami forti che diano più gioia ai bei momenti.
E prendendo l’etimologia delle parole vedrai che queste due parole, DELEGARE e CREARE LEGAMI, sono più vicine di quanto pensi.
DELEGARE = dal lat. delegare, comp. di de– e legare «mandare con qualche incarico»
Legame non credo debba spiegarti da che parole deriva, ma è chiaro che legarsi a qualcuno è un bel modo per mandare una persona di cui ti fidi a fare qualcosa per te. Sia concretamente che emotivamente. Per me DELEGARE assume il valore anche di dare un incarico a qualcuno di lenire le tue sofferenze oppure di aumentare la qualità dei festeggiamenti.
Dopo questa illuminazione ho iniziato a scrivere questo capitolo, perché solo nell’accettazione che due gruppi che per me stavano su due binari completamente paralleli, potessero incontrarsi, mi ha dato le giuste energie per parlare della mia storia.
La distanza tra questi due gruppi, in quello che ero, mi è sempre sembrata incolmabile.
Adesso, nel percorso che ho fatto per colmare le distanze tra quello che ero e quello che volevo essere (e oggi sono sicuramente quello che volevo essere) la mia condizione è cambiata.
Ora penso che definirmi uno SCAPPATO DI CASA o UN ADULTO sia stato solo un costrutto mentale che mi sono creato per evitare di dirmi che la mia strada la sto tracciando io, come voglio io.
In pratica, mi sono creato una mia visione del mondo in cui giustifico a me stesso il fatto che non raggiungo quello che voglio, ma che il non raggiungerlo è quello che voglio.
Ma se ci penso bene: giustificare cosa? Cosa dovrei giustificare? E soprattutto, a chi?
Per rispondere a questa domanda ho utilizzato una tecnica che, come sport coach, utilizzo spesso con gli atleti che sono impantanati in una situazione da cui non sentono di poter uscire. Come mi sento io nei miei incubi in cui rincorro o sono rincorso.
Il concetto è semplice:
TU LO SAI GIA’ FARE, solo che te lo sei dimenticato.
Usiamo i ricordi belli del passato per creare una narrazione felice di quello che sei e di quello che puoi fare.
Fare storia è il modo migliore per tracciare la linea del futuro. Perché solo capendo che potenziale hai e che strumenti puoi usare per tirarlo fuori al meglio ti sentirai capace di superare ogni asperità.
E per farla nel migliore dei modi io suggerisco questa pratica:
- Evidenzia nel passato le risorse che ti hanno aiutato a superare i momenti difficili e scrivili
- Narra, come se fosse un racconto che fai a te stesso, un episodio della tua vita in cui hai messo in campo quelle risorse
- Rievoca dentro di te quei momenti e ricorda come stavi emotivamente mentre lo facevi, dopo aver messo in campo i tuoi tesori e dopo averli usati per uscire dalle difficoltà
- Adesso prendi quelle risorse e ipotizza di usarle al meglio per risolvere le fatiche che stai affrontando in questo periodo
- Narra, come se fosse il film più bello che hai mai visto, come cambi il corso della tua storia e come lo rendi più vicino a quello che vuoi davvero tu!
Ti faccio un esempio.
Io dormo male. Da quando sono piccolo.
Mi svegliavo di notte e poi da li fino al mattino era un continuo risvegliarmi ogni 30 minuti, in una interminabile semi insonnia che ho superato solo a 15 anni. Senza nessun intervento esterno. Così, per caso e grazie all’amicizia, un giorno è passata.
Da quel momento le fatiche notturne sono state sporadiche. Alcuni periodi apparivano, altre sparivano. Così, per caso.
Nei miei risvegli notturni adulti il voler sapere l’ora però è una costante. Sento, dentro di me, la sensazione di dover capire quanto manca alla fine dello strazio.
Vedere la sveglia che segna le 2 del mattino per me è una sofferenza, perché faccio mentalmente il conto di quante ore mi mancano e di quante altre mezzore dovrò vedere su quel dannato orologio.
Diciamo che il mio sguardo è orientato sempre a quanta sofferenza devo ancora passare. Non di certo un pensiero positivo.
Mi sono sempre detto però: Beh io sono così. Cosa posso farci.
Conoscendo intorno ai 40 anni Roberta, la mia compagna di vita, ho scoperto che anche lei si svegliava di notte, ma questa cosa non la turbava.
Per lei vedere le 2 del mattino era un sollievo. Non si preoccupava di quante volte avrebbe potuto risvegliarsi, ma l’orario la fa sorridere. Infatti pensa: Che bello, mi mancano ancora 6 ore di sonno. E sorride. E si addormenta felicemente.
Ho iniziato quindi a raccontare a me stesso questo film.
Svegliati di notte e anche se hai fatto un brutto sogno guarda l’orologio e pensa a quanto tempo avrai ancora per dormire e rilassarti. Non importa se sono 5 minuti o 6 ore. L’importante è che nella tua testa risuona la frase: USA il tempo che ti rimane e RIPOSA al meglio.
E mi sono immaginato come mi sarei addormentato sorridendo. Ho sorriso mentre lo immaginavo. Come sorrido adesso mentre lo scrivo.
E sento che si, ce la posso fare! Ovviamente grazie all’amore della mia vita, che mi ha ricordato una cosa:
Se cambi il modo che hai di narrarti la tua storia, cambia anche la percezione che hai della stessa.
Come dice un mio amico Coach, Andrea Energy Zavaglia:
L’ATTEGGIAMENTO è il sistema IMMUNITARIO DELLA MENTE
E lo spiega poi approfondendo il fatto che “quando ti approcci alle questioni in maniera propositiva potrai velocemente rispondere alle difficoltà come il tuo corpo risponde agli agenti patogeni esterni quando è attivo, curato e ben allenato”.